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La storia di Youssef, una storia come tante

Lascia la Svizzera per arrivare in Italia ed inseguire il sogno del permesso di soggiorno - Il suo italiano è davvero basilare e la paura per quello che potrebbe succedergli, gli toglie il fiato in corpo. Youssef è un ragazzo come tanti. Di nazionalità senegalese, fino a qualche tempo fa, abitava a Ginevra, ma il tam-tam mediatico lo ha convinto a trasferirsi in Italia e cercare uno spiraglio nell'ultima regolarizzazione per stranieri.

Ma quando ha realizzato che l'attuale situazione economica italiana è davvero drammatica e anche per lui sarebbe stato davvero difficile trovare un datore di lavoro, ha deciso di prendere il primo treno e tornare in Svizzera. Era quasi arrivato al confine quando è stato fermato dalla polizia tra Como e Chiasso ed è stato subito portato nel centro di identificazione ed espulsione di Bari, senza spiegargli cosa stesse succedendo.

Da diversi giorni è in sciopero della fame e solo una bottiglia con un suo messaggio dentro, che per fortuna è riuscita a lasciare il centro, ha fatto sapere al mondo esterno la sua storia. Il ragazzo è davvero spaventato e non sa quale sarà il suo futuro, anche se in maniera irrimediabile sarà espulso dal territorio italiano, o peggio ancora rimpatriato nel suo Paese.

La sua storia è una come tante, ma ci deve far riflettere seriamente sul “vero volto” di questi centri. Qual'è la loro funzione? E' un'anticamera del carcere o un sistema deterrente per chi ha il permesso di soggiorno scaduto? Il nuovo Governo si dovrà interrogare anche su queste questioni.


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Giovedì, 14 Febbraio 2013 - a.p.


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