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L'ingresso e la permanenza del familiare del minore, disciplinati dall'art. 31, c. 3, T.U. 286/1998

L'ingresso e la permanenza del familiare del minore, disciplinati dall'art. 31, c. 3, T.U. 286/1998

Tra le disposizioni a favore dei minori (così la rubrica), racchiuse nell'art. 31 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (di seguito: TU), il 3° comma contempla la possibilità  che il Tribunale per i minorenni autorizzi l'ingresso o la permanenza del familiare - per un periodo di tempo determinato, (ed) anche in deroga alle (altre) disposizioni del TU (1) - , per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico (2) e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano (3); autorizzazione soggetta a revoca quando "vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività  del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia".

La norma registra un profondo contrasto tra le valutazioni della (recte: di parte della) dottrina - e, almeno in parte, della giurisprudenza di merito - e gli arresti della Corte di cassazione. Già sulla ratio del precetto le divergenze sono significative.
Il S.C. tende ad inquadrare la norma - nei confronti della quale traspare, peraltro, una certa diffidenza, dovuta alla possibilità di strumentalizzarne i contenuti al fine di aggirare i paletti dettati dalle norme sull'immigrazione (4) - nell'istituto del ricongiungimento familiare (5). Da tale collocazione - e dalla conseguente negazione di una diversa ed autonoma ratio - il giudice di legittimità ha ricavato alcuni principi. Anzitutto, l'art. 31, c. 3, non si prefigge il fine di garantire il diritto del minore a crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia - posto che tale diritto è tutelato mediante l'istituto del ricongiungimento familiare, che può essere invocato, a tal fine, solo nell'ipotesi di regolare soggiorno (in Italia) del genitore o del minore - ma mira a garantirne l'integrità psicofisica quando, in vista del pericolo di grave compromissione, sia necessaria la presenza del genitore in Italia (6). Le esigenze di tutela del minore straniero, considerate dalla norma in esame, poi, "debbono essere correlate esclusivamente alla sussistenza di condizioni di emergenza, ovvero di circostanze contingenti ed eccezionali che pongano in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore (sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista psichico) tanto da richiedere la presenza del genitore nel territorio dello Stato per fronteggiarle, non potendo quindi essere assicurate in rapporto a situazioni che presentino invece carattere di essenziale normalità e di tendenziale stabilità, secondo quanto è dato di desumere dal rilievo che tale autorizzazione deve risultare temporalmente limitata..., potendo altresì essere revocata con la cessazione dei motivi che ne abbiano giustificato il rilascio" (7).

L'autorizzazione, infine, "non è... suscettibile di venire rilasciata al familiare del minore straniero, presente in Italia, in ragione delle esigenze di salvaguardia di una situazione di integrazione nel tessuto sociale che renda le sue condizioni di vita consone alle esigenze evolutive proprie dell'età e migliori rispetto a quelle godute o godibili nel paese di origine o altrove, dal momento che simili esigenze si ricollegano al normale processo educativo-formativo del minore stesso, senza abilitare perciò il nucleo familiare di cui egli faccia parte ad ottenere un permesso di soggiorno in deroga alla disciplina sull'immigrazione, venendosi altrimenti a produrre il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano di siffatto nucleo, ovvero a configurare un modo anomalo di legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri attraverso non già la tutela, ma una forma di strumentalizzazione dell'infanzia";
nè tale lettura "contrasta con il diritto del minore a crescere e ad essere educato nell'ambito della propria famiglia, atteso che il diritto all'unità familiare è regolato nelle sue condizioni di attuazione dagli artt. 29 e 30 del d. lgs. 286/98, risultando tutelato in particolare attraverso l'istituto del ricongiungimento il quale può essere a tal fine invocato soltanto nell'ipotesi di regolare presenza del genitore o del minore stesso in Italia..." (8).

Nel contrastare il rigore della giurisprudenza di legittimità, la dottrina pone l'accento sull'inesatto inquadramento della norma, da leggersi non già come appendice, di carattere eccezionale, dell'istituto del ricongiungimento familiare, ma come previsione autonoma, "espressione di quel principio generale che ha la finalità di garantire, indipendentemente dai presupposti del ricongiungimento, il diritto del minore ad essere educato nell'ambito della propria famiglia ogniqualvolta una diversa soluzione possa recargli grave pregiudizio"; le conseguenze dell'esegesi sono - notevoli ed - evidenti: se è vero, come ricorda la Suprema Corte, che "il fondamentale diritto del minore ad essere educato all'interno del nucleo familiare" è "strettamente connesso con il diritto all'unità familiare, che riguarda tutto il nucleo familiare e, quindi, anche i figli minori"... non è altrettanto vero che il diritto all'unità familiare del minore straniero debba necessariamente realizzarsi mediante l'istituto del ricongiungimento familiare, con l'inevitabile conseguenza che il diritto in questione si troverebbe a cedere di fronte alla disciplina dei flussi d'ingresso degli stranieri, che impone limitazioni e controlli" (9). Si sottolinea, altresì, "la corretta nozione di 'sviluppo psicofico' (...che...) non può... essere ristretta alla mera protezione dell'incolumità fisio-psichica ma corrisponde piuttosto a "un'idea promotiva" dello sviluppo del fanciullo che prenda in considerazione in modo equilibrato le conseguenze, nel periodo della sua minore età, del suo sradicamento dall'Italia al seguito dei familiari, o, viceversa, dell'allontanamento forzato di questi ultimi dalla sua persona"; con la conseguenza che "una lettura strettamente sanitaria della norma ... risulterebbe essere in contrasto con la lettera stessa della legge; ed ancor più con l'interpretazione costituzionalmente orientata che è doveroso darle, la quale è a sua volta difficilmente prescindibile dai principi e dalle prescrizioni del diritto internazionale minorile" (10).

Alla - descritta - interpretazione dottrinale, non sembra insensibile la giurisprudenza di merito, che ha rilasciato l'autorizzazione de qua, richiamando - tra l'altro - i rilevanti danni derivanti dalla mancata presenza della madre; l'esigenza di non porre il minore di fronte all'alternativa di separarsi dal genitore o di abbandonare l'ambiente, anche scolastico, di crescita; la necessità  di protrarre le cure parentali; la situazione personale del minore nella sua globalità , e non con mero riferimento allo stato di salute, tanto meno alla sola salute fisica (11).

I "gravi motivi" devono avere carattere di "straordinarietà " (12) - connotazione che, almeno secondo alcune pronunce del SC, non necessariamente si accompagna all'emergenza e all'attualità  del pericolo (13) - e, posto che la norma richiama "un periodo di tempo determinato", di "temporaneità " (14). Il rilascio dell'autorizzazione de qua deve essere comunicato alla rappresentanza diplomatica o consolare e, soprattutto, al Questore, per il rilascio del permesso di soggiorno (15). Ai sensi dell'art. 29, c. 6, del TU, infatti, al familiare spetta "un permesso per assistenza minore, rinnovabile, di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale per il minorenni" (16).

Parallelamente, anche la revoca dell'autorizzazione deve essere comunicata agli stessi soggetti, in particolare al Questore, per il correlativo adempimento nei confronti del permesso di soggiorno.
Sotto il profilo processuale, la norma in commento propone due questioni: l'individuazione delle parti nel procedimento de quo e la ricorribilità  per Cassazione del provvedimento del Tribunale per i minorenni.
Quanto al primo aspetto, dopo aver premesso che il procedimento ex art. 31, c.3, "è diretto a comporre una controversia per l'attribuzione di un bene della vita, consistente nella eccezionale duplice concessione al minore di essere assistito in Italia da un suo familiare e a quest'ultimo del diritto di entrare in Italia senza permesso di soggiorno e di rimanervi per un periodo determinato ed a precise condizioni al fine di prestare assistenza al congiunto minorenne", in altri termini "alla composizione di un conflitto la cui soluzione non comporta la prevalenza di una fra le due contrapposte posizioni giuridiche, una delle quali appartenenti alla PA ..., ma è funzionale alla tutela dell'unico interesse coinvolto (quello del minore)", si è concluso che l'istanza "a rivolta direttamente al Tribunale per i minorenni e non proposta nei confronti di una controparte; (...che..) non è previsto il previo intervento di un'autorità amministrativa, nè è dato di individuare nel quadro normativo alcun'altra parte pubblica chiamata a contraddire (come ad esempio il Prefetto ... in tema di opposizione al decreto di espulsione da lui emesso)"; infine, che "il Pubblico Ministero è parte necessaria non già a garanzia dell'interesse generale dell'ordinamento, ma, in considerazione degli interessi coinvolti nel giudizio, a tutela proprio della corretta applicazione delle disposizioni dettate per disciplinare il fenomeno dell'immigrazione" (17).

In relazione all'impugnabilità, le Sezioni Unite hanno affermato l' "ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro i provvedimenti di ingresso e permanenza in Italia del familiare di un minore straniero per i gravi motivi di cui all'art. 31 c. 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286" (18).

 

di Rober Panozzo - autore di saggi in materia di cittadinanza, anagrafe della popolazione, diritto di famiglia e immigrazione
18/09/2008

NOTE:

(1)Ciò che consente di conferirla sia al soggetto precedentemente espulso [cfr. MIELE, Guida generale alle disposizioni sull'ingresso e il soggiorno degli stranieri in Italia ed alla normativa in materia di asilo, in Le guide immigrazione.it, II semestre 2007 (aggiornato al 1 settembre 2007), Vol. 1, 38] che al clandestino ad altro titolo [cfr. MORETTI, Il tribunale per i minorenni e l'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza del genitore straniero irregolare, in www. aduc.it (31 luglio 2007)].

(2)Secondo ERAMO, L'art. 31 del d. lgs. 25 luglio 1998 n. 286: un'esistenza difficile e tormentata (nota a Cass., S.U., 16 ottobre 2006, n. 22216), in Dir. fam., 2007, 696, "l'omissione (… di parametri ... precisi ... ndA) è stata voluta per non codificare in maniera tassativa situazioni difficilmente riassumibili in una sola disposizione, a causa dell'eterogeneità delle condizioni che possono prodursi nella realtà...".

(3)Anche in posizione irregolare, almeno seguendo la tesi prevalente: cfr. Cass. 8 agosto 2003, n. 11951, in Gli stranieri, 2004, 28; WINKLER, Minore straniero soggiornante in Italia e interesse all'ingresso dei genitori: una tutela negata (nota a Cass. 21 giugno 2002, n. 9088), in Fam. dir., 2003, 25.

(4)Cfr. tra le righe, Cass. 17 settembre 2001, n. 11624, in Riv. dir. int. priv. proc., 2001, 11624. Sul punto, si veda TOMASELLI, Il permesso di soggiorno per motivi attinenti allo sviluppo psicofisico dei figli minori, in Gli stranieri, 2002, 105 ss.

(5)Cfr. Cass. 21 giugno 2002, N. 9088, in Fam. Dir., 2003, 23 (con nota WINKLER, cit.); in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, 486.

(6)Cfr. Cass. 17 settembre 2001, n. 11624, cit.

(7)Cass. 15 gennaio 2007, n. 747, in Dir. fam., 2007, 221, con nota MOROZZO DELLA ROCCA, Sui presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno al familiare nell'interesse del minore.

(8)Cass. 15 gennaio 2007, n. 747, cit. Il S.C. tende ad affermare che, pur ammettendo che per gravi motivi non si intendano solo quelli relativi ad esigenze terapeutiche, questi, tuttavia devono presentare il carattere di gravità ed eccezionalità, che non ricorre, ad es., nell'ipotesi di completamento del processo educativo-formativo dei minori che presenti condizioni di vita migliori rispetto al Paese di origine (Cass. 11 gennaio 2006, n. 396, in Riv. dir. int. priv. proc., 2007, 220) o di esigenze di scolarizzazione, fino al completamento dell'istruzione obbligatoria (Cass. 14 novembre 2003, n. 17194, in Giust. civ. mass., 2003, 12), posto che, in tal caso, anzichè una misura contingente che giustifica - entro determinati limiti temporali - la deroga alla disciplina sull'immigrazione, l'autorizzazione produrrebbe il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano del nucleo familiare di appartenenza del minore, configurandosi, in tal modo, un'anomala forma di legittimazione del soggiorno attraverso "non già la tutela, ma una forma di strumentalizzazione dell'infanzia": cfr. Cass. 19 marzo 2002, n. 3991, in Riv. dir. int. priv. proc., 2002, 458.

(9)WINKLER, op. cit., 28.

(10)MOROZZO DELLA ROCCA, op. cit., 225.

(11)Cfr., rispettivamente, Trib. Min. Bologna 3 luglio 2000, in Fam. dir., 2001, 83, con nota RAVOT, Ricongiungimento familiare: diritti del minore straniero; App. Bari 31 dicembre 2001, in Giur. merito, 2002, 1079; App. Torino 18 aprile 2001, in Dir. fam., 2001, 1492; App. Roma 19 aprile 2004, in Fam. dir., 2004, 492, con nota LIUZZI, Espulsione dello straniero e pregiudizio per il minore. Secondo MAGISTRATURA DEMOCRATICA, ASSOCIAZIONE PER GLI STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE (a cura di), Espulsione, accompagnamento alla frontiera e trattenimento dello straniero. La normativa dopo la Legge n. 271 del 2004, in www. magistraturademocratica.it, 17 s., "il contrasto interpretativo registratosi sul punto (...individuazione dei gravi motivi, ex art. 31, c. 3, TU ... ndA) tra i giudici di merito e Corte di cassazione, sembra risolto a favore della tesi che individua come prioritario criterio di valutazione quello del superiore interesse del fanciullo e non quello del preordinato sistema degli ingressi delineato dal T.U.".

(12) Cfr. Cass. 11 gennaio 2006, n. 396, cit.

(13)Cfr. Cass. 19 marzo 2002, n. 3991, cit.; Cass. 14 giugno 2002, n. 8510, in Corr. giur., 2004, 199, con nota RENZETTI, Autorizzazione alla permanenza in Italia del minore straniero ex art. 31, comma 3 d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286; sul fatto che il pericolo non debba essere necessariamente "attuale, ma anche futuro, perchè l'espressione sviluppo psicofisico deve essere riferita anche ad una proiezione nel futuro delle conseguenze negative del diniego dell'autorizzazione e non solo quando... vi sia in atto una situazione pregiudizievole", cfr. WINKLER, op. cit., 29).

(14)Cass. 15 gennaio 2007, n. 747, cit. Peraltro, come sottolinea MOROZZO DELLA ROCCA, op. cit., 226, poichè il "carattere di temporaneità" attiene "al provvedimento giudiziario di autorizzazione al soggiorno e non già al suo presupposto sostanziale, costituito invece dal grave motivo connesso allo sviluppo psicofisico del minore", anche una situazione "destinata a non risolversi in breve tempo", purchè "di grave bisogno", "può ... legittimare un' autorizzazione al soggiorno solo provvisoria; e ovviamente rinnovabile in sede giudiziaria e non già amministrativa..."; cosicchè è "erroneo ritenere che l'autorizzazione al soggiorno possa riguardare solo situazioni per loro natura destinate a risolversi in tempi brevi; così come è erroneo, perchè non richiesto dalla legge, ritenere che la durata del soggiorno, oltre che determinata, debba essere molto breve".

(15)Il rilascio del permesso di soggiorno de quo "costituisce mero atto dovuto..., privo, quindi, di qualsiasi connotato di discrezionalità ... e risponde propriamente al solo scopo pratico di agevolare, in occasione di controlli o in funzione ... lavorativa, la prova, da parte dello straniero familiare del minore, del titolo autorizzatorio, di cui è già comunque in possesso per dictum iudicis": Cass., S.U., 24 luglio 2007, n. 16301 [traendo la conseguenza che è il "giudice deputato alla tutela di minori (e, comunque, l'A.G.O.)" competente a decidere "in caso di mancato o ...inesatto o incompleto rilascio" del pds da parte del Questore, in difformità da quanto stabilito dal Tribunale per i minorenni].

(16)La stessa norma, introdotta dall'art. 2, c. 1, lett. e), del d. lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, stabilisce che il permesso di soggiorno in parola "consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro". In precedenza, il Regolamento di attuazione del TU prevedeva - art. 11, c 1, lett. c-quinquies) - il rilascio del pds "per cure mediche a favore del genitore del minore che si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 31, comma 3, del testo unico"; permesso che, secondo alcuni [cfr., ad es., REDAZIONE, E' possibile convertire un permesso di soggiorno per cure mediche in lavoro?, in www. meltingpot.org (6 dicembre 2003)], non consentiva lo svolgimento di attività lavorativa [ma in senso contrario non poche sentenze dell'A.G.O.: Trib. Lucca 5 dicembre 2005, citato da TOMASELLI, I minori stranieri, in Le guide immigrazione.it, I semestre 2007 (aggiornato al 28 marzo 2007), Vol. 7, 16; nonchè, proprio alla luce delle aperture giurisdizionali, REDAZIONE, Pds per cure mediche - Il genitore del minore ha diritto di lavorare?, in www. meltingpot.org (7 luglio 2006)]. Secondo TOMASELLI, op. cit., 16, la soluzione adottata dal legislatore "con l'introduzione di una nuova tipologia di permesso di soggiorno, quella appunto per "assistenza al minore" valido per lo svolgimento di attività lavorative, ma non "convertibile" nel momento in cui cessano le esigenze di assistenza, consente di affrontare in modo efficace le prospettate difficoltà, senza prestar il fianco ad usi strumentali dell'istituto".

(17)Cass. 2 maggio 2007, n. 10136, in Fam. dir., 2008, 21, con nota VIANELLO, Immigrazione, autorizzazione al ricongiungimento familiare e parti del procedimento.

(18)Cass., S.U., 16 ottobre 2006, n. 22216, in Dir. fam., 2007, 686, con nota ERAMO, op. cit.; in Fam. dir., 2007, 125, con nota CARRATTA, Provvedimenti cameral-sommari, decisorietà e ricorso per cassazione: fra nuove riforme e vecchi problemi (nella cui scia si colloca, successivamente, Cass. 15 gennaio 2007, n. 747, cit.). A sostegno dell' assunto, le Sezioni Unite hanno ricordato che: a) "la decisorietà dei provvedimenti camerali - tra i quali rientra quello in esame - viene ravvisata non solo nelle ipotesi in cui il giudice decida sull'attribuzione di un diritto o di uno status risolvendo un conflitto di interessi tra due soggetti contrapposti, uno dei quali potrebbe essere la Pubblica Amministrazione, con una pronuncia suscettibile di dar luogo a un giudicato ma anche quando incida su determinate situazioni di diritto o su status come avviene nei casi in cui la tutela giurisdizionale è diretta alla composizione di un conflitto la cui soluzione non comporta la prevalenza di una delle due contrapposte posizioni giuridiche ma è funzionale alla tutela dell'unico interesse coinvolto, come avviene nel caso dei provvedimenti di revisione delle condizioni inerenti all'affidamento dei figli di genitori separati ed ai rapporti patrimoniali tra i coniugi per il mantenimento della prole a norma dell'art. 9 -della legge 1° dicembre 1970, n. 898, con i quali il giudice è chiamato a realizzare unicamente il miglior interesse della prole"; b) "nella specie, non può negarsi la decisorietà del provvedimento il quale incide sul diritto del minore ad essere assistito da un familiare nel concorso delle condizioni richieste dalla legge e, contemporaneamente, su quello del familiare a far ingresso in Italia e a trattenervisi per prestare la dovuta assistenza: esso ha, infatti, ad oggetto non già un interesse generico del minore, ma un interesse specifico e pressante che va tutelato, se esistente, anche in deroga delle disposizioni in materia d' immigrazione, ancorchè per un periodo determinato": "poichè sia l'espulsione che il ricongiungimento familiare coinvolgono direttamente diritti soggettivi, il provvedimento del giudice che decide sulla deroga ai divieti che precluderebbero l'ingresso e la permanenza del familiare non può non decidere su veri e propri diritti, paralleli e concorrenti seppur non contrapposti, del minore e del familiare e non su un mero interesse del solo minore"; c) inoltre, "il regime della revocabilità del provvedimento, che si concreta sempre in una decisione su diritti, non può che essere unitario, nel senso che l'espressa previsione di stabilità del provvedimento positivo, che è revocabile solo per fatti sopravvenuti, opera anche nei confronti del provvedimento negativo che può essere impugnato per cassazione per essere ridiscusso rebus sic stantibus mentre la richiesta di ingresso del familiare sfornito di permesso di soggiorno può essere riproposta solo prospettando una diversa necessità di assistenza del minore"; d) "nè, infine la natura contenziosa del procedimento potrebbe incontrare ostacolo nel rilievo che la domanda di autorizzazione all'ingresso del familiare per motivi di assistenza al minore bisognoso di cure va rivolta direttamente al tribunale per i minorenni e non proposta nei confronti di una controparte in quanto nel procedimento camerale che ne consegue il pubblico ministero è parte necessaria non già  a garanzia dell'interesse generale dell'ordinamento ma, in considerazione degli interessi coinvolti nel giudizio, a tutela cioè della corretta applicazione delle disposizioni dettate per disciplinare il fenomeno dell'immigrazione nell'interesse dell'Amministrazione".