La «carta blu» dell'Europa per gli immigrati di talento


Il rilascio in un mese, consentirà anche l'arrivo dei familiari Gli «specializzati» dovranno essere chiamati da un'azienda

corriere.it

Tanti, dall'Africa o dal-l'Asia, finiscono a Lampedusa o su altre scogliere mediterranee, senza una vera speranza né la capacità o l'istruzione per costruirne una: e possono far pena, o paura, a chi li vede arrivare. Ma tanti altri no, una speranza ce l'hanno già ben salda, con una laurea o un diploma, e hanno anche molto da offrire. Da trent'anni e più, ormai li calamita la Silicon Valley in California, o la bianca Sydney d'Australia, o qualche laboratorio di Toronto: laggiù trovano rispetto, buoni stipendi, una casa, la possibilità di ricostituire le loro famiglie. Ma ora, gli ingegneri elettronici, i chirurghi o i genetisti di Bangalore o Durban potrebbero scegliere Milano, Francoforte o Bruxelles, attirati dalle stesse porte spalancate e da una vita forse ancora migliore: senza depredare però di cervelli e capacità i loro Paesi natii, e senza imporre ai Paesi ospitanti una presenza non gradita, in competizione con le risorse locali.

Tutto questo spera di realizzare l'Europa, anagraficamente sempre più vecchia e affamata di lavoro specializzato, con le due proposte di direttive comunitarie sull'immigrazione legale che oggi approdano sui tavoli della Commissione. Messe insieme, sono il primo concreto passo verso la Carta blu europea, in risposta alla mitica Green card o Carta verde americana: cioè un permesso unico di lavoro e residenza, concesso rapidamente, e riservato agli immigrati extracomunitari altamente qualificati.

I DIRITTI — La carta potrà essere rilasciata con una speciale procedura nel giro di un mese, al massimo due nei casi più complicati. E non sarà solo un documento burocratico: perché darà diritto a un salario adeguato — almeno il triplo di quello minimo vigente nelle varie nazioni — e a tutti i diritti comuni ai lavoratori del posto, come quello di avere un'assicurazione sociale, o iscriversi a un sindacato. Soprattutto, la Carta blu consentirà la ricongiunzione familiare: senza ulteriori formalità, il neo-assunto potrà chiamare accanto a sé la moglie, o il marito. «L'Europa si apre così al talento e al merito, in concorrenza con Stati Uniti, Canada e Australia — spiega il vicepresidente della Commissione Franco Frattini, architetto e mediatore dell'iniziativa — e anzi credo che la Carta blu potrà essere più attrattiva della stessa Green card. Ma non sarà un cavallo di Troia per far entrare anche chi non ne ha diritto».

LE CONDIZIONI — Per ottenerla, ci sarà infatti una serie di condizioni precise: la richiesta di assunzione da parte di un'azienda; la laurea o il diploma specialistico con almeno 3 anni di esperienza professionale nello stesso campo; naturalmente, una fedina penale pulita; e il rispetto delle quote numeriche che toccherà a ogni singolo Paese decidere annualmente, in base alle proprie esigenze di mercato e nel quadro della precedenza sempre assicurata ai cittadini comunitari. La Carta blu avrà valore per tutto il tempo del contratto di lavoro firmato, entro un periodo massimo di due anni. Quindi potranno essere concessi 3 mesi di «franchigia». E infine, il lavoratore qualificato potrà tornare al proprio Paese o emigrare in un altro Paese europeo, per poi anche rientrare nel primo, purché siano rispettate le condizioni di partenza.

LE QUOTE NUMERICHE Ogni Paese stabilirà ogni anno le quote numeriche di accesso di lavoratori con Carta blu dopo quello della Commissione: l'Euromed, o vertice dei ministri degli Esteri, il vertice Europa- Africa, il Parlamento di Strasburgo, il Consiglio europeo. Il testo del provvedimento potrà essere modificato. Vi sono segnali di malumore da parte di alcuni sindacati, o dei governi tradizionalmente più timorosi delle «interferenze » europee», come quello austriaco. Inoltre fuori d'Europa, a Pechino o a Mumbai, resta sempre alta la diffidenza contro i presunti «ladri di cervelli» basati in Occidente. Ma intanto la svolta c'è già, nell'approccio al problema, ed era una svolta attesa da molto. In Australia, gli immigrati sono il 9,9 per cento dei lavoratori altamente qualificati, negli Usa il 3,2% e in Canada il 7,3%. In Europa, solo il 2,3%. E in Europa, fra una quarantina d'anni, un terzo dei cittadini avrà più di 65 anni. Perfino in un'economia «giovane» come la Polonia, mancano braccia e cervelli: milioni di polacchi sono emigrati all'estero, ma nell'ultimo anno e mezzo l'11,5% delle piccole e medie imprese locali — lo ha svelato proprio ieri uno studio commissionato dalla Confindustria polacca— ha cercato di assumere dei lavoratori qualificati, senza trovarne.