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Circolare n. 83744 del 18 dicembre 2018 Ministero dell'Interno

Decreto immigrazione 4 ottobre 2018 n. 113 -

MINISTERO DELL'INTERNO
GABINETTO DEL MINISTRO

OGGETTO: Decreto-legge 4 ottobre 2018, n.113, recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione,  sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno  e  l’organizzazione  e  il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei  beni  sequestrati  e  confiscati  alla  criminalità organizzata”,  convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132.

Nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 281 del 3 dicembre u.s. è stata pubblicata la legge 1° dicembre 2018, n. 132, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge  4  ottobre  2018,  n.  113,  recante  “Disposizioni  urgenti  in  materia  di  protezione internazionale  e  immigrazione,  sicurezza  pubblica,  nonché  misure  per  la  funzionalità  del Ministero  dell’interno  e  l’organizzazione  e  il  funzionamento  dell’Agenzia  nazionale  per l’amministrazione  e  la  destinazione  dei  beni  sequestrati  e   confiscati  alla  criminalità organizzata”.

Il provvedimento consta di 74 articoli e si suddivide in quattro Titoli.

Il  Titolo  I  reca  disposizioni  in  materia  di  rilascio  di  speciali  permessi  di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale e di immigrazione, finalizzate ad una più efficiente ed efficace gestione del fenomeno  migratorio,  nonché  ad  introdurre  mezzi  di  contrasto  del  rischio  di  un  ricorso strumentale agli istituti di tutela previsti.

Il Titolo II contiene norme finalizzate a rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza  pubblica,  con  particolare  riferimento  alla  sicurezza  urbana,  alla  minaccia  del terrorismo e al contrasto delle infiltrazioni criminali negli appalti pubblici e negli enti locali.
Presupposto per il migliore utilizzo degli strumenti introdotti, è la massima circolarità delle informazioni  tra  i  diversi  interlocutori  istituzionali,  obiettivo  tenacemente  perseguito  dal legislatore della riforma e ripetutamente sottolineato nel testo del provvedimento.

Il Titolo III prevede, nel Capo I, interventi per la funzionalità del Ministero dell’Interno,  con  riferimento  sia  al  complessivo  disegno  di  riorganizzazione dell’Amministrazione civile che a specifiche norme concernenti il personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco; nel Capo II, misure volte a rafforzare l’organizzazione  e  l’operatività  dell’Agenzia  nazionale  per  l’amministrazione  e  la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, così da potenziare le attività di contrasto alle organizzazioni criminali.

Da ultimo, nel Titolo IV sono inserite le norme finanziarie e finali.

Nell’illustrare, di seguito, le principali disposizioni d’insieme, si fa presente che i Dipartimenti interessati provvederanno ad emanare le istruzioni di carattere operativo e applicativo sugli argomenti di specifica competenza, secondo una tempistica che terrà conto della necessità di assicurare immediato impulso a quelle attività che, già nel breve periodo, appaiono in grado di produrre effetti concreti, sia in chiave di protezione internazionale e immigrazione, che di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali nonché di complessivo rafforzamento dell’azione dello Stato e delle Autonomie locali sul territorio.

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Riguardo al tema immigrazione – sempre più centrale nelle politiche nazionali, in relazione all’esposizione del nostro Paese, per la sua collocazione geografica, ai movimenti di persone verso l’Europa - è stato introdotto un insieme organico di norme che concorre alla strutturazione di una nuova linea operativa di governo del fenomeno in questione, che ha già portato all’attivazione di dinamiche positive sul piano della gestione.

L’assunzione  di  un  ruolo  proattivo  da  parte  del  nostro  Paese,  attraverso iniziative sui diversi, ma interconnessi, piani internazionale, europeo e nazionale, unitamente a un più incisivo controllo della frontiera marittima, ha infatti già consentito, nell’immediato, una decisa contrazione degli arrivi irregolari sulle coste italiane (oltre l’80% in meno rispetto all’anno scorso).

Si è inteso, innanzi tutto, disinnescare l’equazione automatica tra salvataggio in mare degli immigrati e il loro sbarco e ingresso nel nostro Paese, rilanciando con forza nelle sedi europee il correlato tema della ripartizione tra Stati membri a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare, in base al principio di solidarietà stabilito dagli stessi Trattati europe i (articolo 80, Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).

Non meno significative le iniziative, tuttora in corso, in ambito internazionale, per valorizzare il potenziale apporto dei Paesi di origine e di transito dei flussi stessi, anche investendo nella cosiddetta capacity building di partner strategici, tra cui i predetti Paesi.

In parallelo,  è  stata  anticipata  -  con  direttive  del  4  e  del  23  luglio  2018, rispettivamente, in  materia  di  protezione  umanitaria  e  di  accoglienza  di  richiedenti  asilo nonché con direttive del 20 novembre e del 12 dicembre 2018 riguardanti il nuovo schema di capitolato di appalto per centri di prima accoglienza, centri di permanenza per il rimpatrio, hotspot  –  l’implementazione  di  nuove  linee  di  indirizzo,  poi  recepite  nella  normativa  in esame, che ne rappresenta il coerente sviluppo.

Quest’ultima, unitamente alla revisione in corso dei meccanismi di intervento in mare per contrastare i trafficanti di esseri umani, concorre all’obiettivo di riportare, nel medio periodo, l’intero sistema nazionale a una gestione ordinata e sostenibile, basata su canali legali di ingresso e sul rimpatrio degli immigrati in condizioni di soggiorno irregolare, esposti al rischio di marginalità sociale e di coinvolgimento in attività illegali.  

In  una  visione  di  prospettiva,  il  “sistema  asilo”  italiano,  come  ridisegnato, intende connotarsi da tempi celeri nell’esame delle relative istanze nonché da un’effettiva tutela  delle  persone  che  necessitano  di  protezione  internazionale,  in  favore  delle  quali vengono riorientate le risorse a disposizione per finalità di integrazione per corrispondere a una ragionevole aspettativa di un soggiorno a lungo termine nel nostro Paese.  

Nell’ottica di un imprescindibile superamento di un “diritto di permanenza indistinto” (Corte dei Conti, deliberazione n. 3/2018) determinatosi de  facto, sono stati introdotti  meccanismi  di  semplificazione  procedurale,  nel  rispetto  della  persona  e in conformità  alle  normative  europee,  per  casi  predeterminati  di  istanze evidentemente finalizzate al prolungamento di un soggiorno del quale non si avrebbe titolo.

Come noto, la “protezione umanitaria” è stata originariamente concepita quale misura  residuale  del  sistema  nazionale  di  protezione,  rivolta  a  persone  in  condizioni di vulnerabilità ed esposte nel proprio Paese a violazione di diritti fondamentali, cui non poteva essere riconosciuto uno status “ordinario”. Nel tempo, la stessa era tuttavia divenuta una figura dai contorni indistinti, oggetto di applicazione disarmonica sul territorio, sviando di fatto dall’originaria funzione.  

Il ricorso strumentale  ad istituti sorti per assicurare tutela alle persone con effettive necessità di protezione ha peraltro comportato una proliferazione di istanze già in origine  visibilmente non meritevoli di accoglimento, con intasamento dell’ordinaria attività delle  Commissioni  territoriali  preposte  all’esame  delle  stesse  e  un  irragionevole prolungamento del soggiorno in Italia di persone in attesa di una definizione della propria posizione, con conseguenti oneri sul sistema di accoglienza. Rileva al riguardo che, su circa 40.000 tutele umanitarie riconosciute dalle Commissioni territoriali negli ultimi tre anni, poco più di 3.200 sono state le conversioni in permesso di lavoro e circa 250 in ricongiungimenti familiari. La “protezione umanitaria” non si è rivelata pertanto un adeguato strumento di integrazione, determinando, peraltro, l’incremento degli oneri per rimpatriare chi non ha convertito il relativo permesso in altro titolo di soggiorno regolare e, soprattutto, l’effetto originariamente  non  previsto di  moltiplicazione  dei  casi  di  reale marginalità  sociale, riguardanti persone che, al termine di un percorso destinato a rimanere senza sbocchi, hanno prolungato la permanenza sul territorio nazionale, in condizioni di assoluta fragilità e povertà, spesso foriere di attrazione in circuiti criminali.  

Il provvedimento interviene, pertanto, nei sensi sopra indicati, su diversi atti di normazione  primaria:  il  Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina dell'immigrazione  e  norme  sulla  condizione  dello  straniero  (d.lgs. 25/07/1998, n. 286);  i provvedimenti  attuativi delle  direttive  europee  in  materia  di  attribuzione  di  uno  status  di protezione  e  procedure  comuni  per  il  riconoscimento  e  la  revoca  dello  stesso  (d.lgs. 18/08/2015, n. 142d.lgs. 28/01/2008, n. 25d.lgs. 19/11/2007, n. 251);  le  disposizioni concernenti il sistema SPRAR (d.l. n. 416/1989, convertito con l. n. 39/1990).  

L’istituto  della  “protezione  umanitaria”  -  peraltro  non  riconducibile direttamente a obblighi europei – è stato razionalizzato (articolo 1), enucleando le seguenti tipologie (tra cui alcune già previste, e ridefinite, altre desunte dalla prassi delle Commissioni Territoriali) di permessi di soggiorno “speciali” per esigenze di carattere umanitario, aventi durata limitata e in taluni casi convertibili ove l’interessato si sia effettivamente integrato:  
  • cure mediche (articolo 19, comma 2, lett. d-bis del d.lgs. n. 286/1998 – Testo Unico in materia di Immigrazione);
  • protezione per “casi speciali ” connessi a: motivi di protezione sociale  ossia le vittime di violenza o di grave sfruttamento (articolo 18 TUI); per le vittime di violenza domestica (articolo 18-bis TUI); situazioni di contingente ed eccezionale calamità  (articolo 20-bis TUI);particolare sfruttamento del lavoratore straniero che abbia presentato denuncia e cooperi  nel  relativo  procedimento  penale  (articolo  22,  comma  12-quater TUI);  atti  diparticolare valore civile (articolo 42-bis TUI);
  • protezione speciale, connessa alla impossibilità di sottoporre lo straniero a espulsione o respingimento (articolo 32, comma 3, del d.lgs. n. 25/2008 in materia di procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di protezione internazionale), in attuazione del cosiddetto principio del non-refoulement  (articolo 19, commi 1 e 1.1, TUI).
Con  l’obiettivo  di  ridurre  il  numero  di  pratiche  pendenti,  il  provvedimento  ha stabilito (articolo 9) la possibilità di ampliare, in via temporanea, la rete delle sezioni delle Commissioni  territoriali  per  il  riconoscimento  della  Protezione  Internazionale,  fino  a  un massimo di dieci.  

L’effetto  atteso  di  tale  misura  –  ossia  ricondurre,  in  linea  generale,  nei  tempi stabiliti dalla normativa vigente (articolo 27 del d.lgs. n. 25/2008) l’esame delle nuove istanze di protezione  internazionale  –  è  rafforzato  dall’insieme  delle  disposizioni  introdotte  per disincentivare  la  proposizione  di  domande  pretestuose  o  strumentali,  consentendo  alle competenti Commissioni territoriali di esaminare le situazioni che, effettivamente, meritano un approfondimento.  

In tal senso, le procedure accelerate - previste anche in frontiera ovvero nelle “zone di transito” (con possibilità di istituire fino a ulteriori 5 sezioni delle predette Commissioni) - hanno  l’obiettivo  di  ridurre  i  termini  dei  procedimenti,  tra  l’altro,  in  caso  di  “domanda manifestamente infondata” (articolo 7-bis) e di domande presentate, dopo che l’interessato è stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, al solo scopo di ritardare o impedire l'adozione o l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento (articolo 9, che ha modificato l’articolo 28-bis del d.lgs. n. 25/2008).  

Del pari, sono state individuate, quali cause di inammissibilità, la proposizione di domanda identica sulla quale è stato già espresso un diniego nonché la domanda reiterata, presentata nella fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, al solo scopo di ritardarne o impedirne l’esecuzione (articolo 9).  

In  tale  contesto,  assume  altresì  rilevanza  l’utilizzo  di  uno  “strumento  di semplificazione” previsto dalla normativa europea (direttiva 2013/32/UE), ossia la lista dei “Paesi di origine sicuri”, da adottarsi con decreto del Ministro degli Affari Esteri, di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia, anche in base alle informazioni fornite dalla Commissione Nazionale per il diritto di Asilo, la cui attività istruttoria è già stata avviata (articolo 7-bis).

Al concetto di Paese di origine sicuro - la cui lista dovrà essere periodicamente aggiornata - viene infatti collegata una presunzione iuris tantum di manifesta infondatezza dell’istanza, cui sono connessi l’esame prioritario e una procedura accelerata, con inversione dell’onere della prova a carico del richiedente in ordine alle condizioni di “non sicurezza” del Paese stesso in relazione alla propria situazione particolare.

Tale  previsione  normativa  affronta  l’anomalia  riscontrata  con  riguardo  alla presentazione di istanze di protezione internazionale da parte di soggetti provenienti da Paesi che partecipano ad organismi internazionali, nei quali è presente un ordinamento giuridico democratico,  in  cui  è  assicurato  il  rispetto  dei  diritti  fondamentali  e  con  i  quali si intrattengono  proficui  rapporti  di  collaborazione  e  cooperazione,  istanze  che,  in  base all’ordinamento previgente, dovevano essere comunque istruite,  con modalità, procedure e tempi del tutto eguali a quelle proposte da persone che fuggono da oggettive condizioni di persecuzione  ovvero  da  situazioni  di  pericolo  connesse  a  un  possibile  grave  danno  alla persona.

Finalità diversa ha, invece, il meccanismo di esame immediato stabilito (articolo 10) nel caso in cui il richiedente protezione internazionale sia sottoposto a procedimento penale per uno dei reati riconosciuti di particolare gravità nell’ordinamento ed è considerato pericoloso per la sicurezza dei cittadini.

Coerentemente,  la  nuova  cornice  delineata  muove  dall’esigenza  di  segnare  una netta differenziazione  tra gli investimenti in termini di accoglienza e integrazione da destinare a coloro che hanno titolo definitivo a permanere sul territorio nazionale rispetto ai servizi di prima accoglienza e assistenza, da erogare a coloro che sono in temporanea attesa della definizione della loro posizione giuridica.

Pertanto, il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) assume la nuova connotazione di Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), nel quale vengono assicurate le iniziative di orientamento e quei servizi “integrati” che agevolano l’inclusione sociale e il superamento della fase di assistenza, per conseguire una effettiva autonomia personale. Per le stesse finalità di integrazione  sociale,  coloro  che  hanno  ottenuto  il  riconoscimento  della  protezione internazionale potranno essere coinvolti nello svolgimento di attività di utilità sociale (articolo 12).  

Di conseguenza,  ai  richiedenti  asilo  –  che,  peraltro,  non  saranno  più  iscritti nell’anagrafe dei residenti (articolo 13) – vengono dedicate le strutture di prima accoglienza (CARA e CAS), all’interno delle quali permangono, come nel passato, fino alla definizione del loro status.

Con disciplina transitoria, è previsto (articolo 12, commi 5 e 6) che i richiedenti asilo e i titolari di permesso umanitario rilasciato ai sensi della precedente normativa, già presenti nel sistema SPRAR alla data del 5 ottobre u.s. (di entrata in vigore del decreto stesso), rimangano in accoglienza fino alla scadenza del progetto in corso. Inoltre, i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo rimangono, al compimento della maggiore età, nel Sistema di Protezione fino alla definizione della domanda di protezione internazionale (articolo 12, comma 5-bis).   

Dal  quadro  sopra  delineato,  si  desume l’assoluta  invarianza  delle  condizioni tracciate dalle precedenti direttive ministeriali in materia di prima accoglienza nonché l’esigenza, come per il passato, di verifiche giornaliere in ordine alla presenza degli immigrati in accoglienza e alle connesse uscite (a titolo esemplificativo, si richiamano le direttive n. 3710 del 4/3/2014, n. 1763 del 19/2/2015, n. 2521 del 22/3/2016, n. 146 del 14/7/2017, n. 16250 del 23/11/2017 e n. 4568 del 4/4/2018) - considerate “ elemento essenziale ai fini della rendicontazione  della  spesa”  -  e,  in  maniera periodica,  in  ordine  alla  sussistenza  delle condizioni previste per la permanenza all’interno del sistema di accoglienza, anche riferite
allo status (n. 2521 del 22/3/2016). Tali verifiche debbono rimanere improntate ai principi di monitoraggio della regolarità amministrativo-contabile delle presenze nei centri.  

Le SS.LL. avranno cura di rendere partecipi i Sindaci dei territori interessati dalle presenze nei centri affinché possano disporre degli occorrenti elementi di rassicurazione circa l’assoluta, sostanziale invarianza delle regole di accoglienza delle persone già ospiti in tali strutture, per le motivazioni sopra esposte, con ciò contribuendo a dissipare l’immotivata diffusione di preoccupazioni circa gli effetti che la nuova normativa produrrebbe in termini di incremento della “marginalità sociale”.   

Del resto, a riprova di tale assunto, possono citarsi i dati relativi alle fuoriuscite dai centri dall’inizio dell’anno, a normativa previgente, che testimoniano un trend fisiologico di riduzione  dei  numeri  nel  sistema  di  accoglienza  nazionale.  

Dall’inizio  dell’anno  al  4 dicembre (in cui risultavano presenti, rispettivamente, 183.732 persone e 141.175 persone), data di entrata in vigore del provvedimento in oggetto, quasi 43.000 persone sono fuoriuscite dal sistema di accoglienza, con un andamento medio costante nei mesi, che ha registrato nello scorso mese di aprile il picco massimo di decremento di presenze in accoglienza pari a 5.560 persone, a fronte di nuovi arrivi sempre nello stesso mese, di oltre 3.000 immigrati via mare.  

Al fine di incentivare una governance quanto più possibile condivisa nell’ambito della distribuzione territoriale dei richiedenti asilo, valorizzando nel contempo un principio autonomistico nella gestione dell’accoglienza, è stata prevista l’acquisizione di un parere, di carattere preventivo, da parte dell’Ente locale, in caso di attivazione di nuove strutture da parte delle SS.LL., che presuppone lo sviluppo di apposite interlocuzioni tra i diversi soggetti interessati.

Il nuovo Sistema di Protezione è, invece, esteso anche ai titolari dei permessi per cure mediche e di protezione per “casi speciali”, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati.

Nulla è modificato  relativamente ai minori stranieri non accompagnati che – in continuità  con  il  passato  -  accedono  al  citato  Sistema  di  protezione  a  prescindere dall’eventuale proposizione dell’istanza di protezione internazionale.  

In buona sostanza, le modifiche introdotte rappresentano il coerente corollario della rimodulazione del sistema di accoglienza con cui, attraverso la contrazione dei tempi di esame delle domande, si riducono altresì i tempi di permanenza nelle strutture di prima accoglienza che,  considerato  il  significativo  trend  in  decrescita  dei  flussi,  si  stanno  peraltro progressivamente decongestionando.

Del  resto,  la  stessa  Corte  dei  Conti,  nella  relazione  trasmessa  al  Parlamento (deliberazione n. 3/2018) aveva già prospettato l’esigenza di evitare “ un’accoglienza di molti mesi  (se  non  anni) durante  i  quali  i  migranti,  non  avendone  titolo,  vengono  di  fatto  inseriti anche  nei  cd.  percorsi  di  formazione  professionale  finalizzati  all’integrazione,  con  oneri finanziari gravosi a carico del bilancio dello Stato”.

Il  sistema  nazionale  di  accoglienza continua  a  basarsi sul  principio  del coordinamento a livello nazionale e regionale. Al riguardo, si invitano i Signori Prefetti dei capoluoghi di regione a voler assumere le iniziative ritenute del caso per una coordinata attuazione delle nuove disposizioni in materia di accoglienza, mantenendo un costante flusso informativo con le articolazioni centrali di questa Amministrazione.

Si fa presente al riguardo che, come stabilito dal provvedimento in esame, con successivo  decreto,  previo  parere  della  Conferenza  unificata,  saranno  fissati  i  criteri  e  le modalità per la presentazione, da parte degli enti locali, delle domande di contributo per la realizzazione e la prosecuzione dei progetti di accoglienza.

Si richiama altresì l’attenzione delle SS.LL. sui nuovi obblighi di trasparenza posti in capo alle cooperative sociali che svolgono attività in favore di stranieri (articolo 12-ter), che sono tenute a pubblicare trimestralmente sui propri siti o portali digitali l’elenco dei soggetti a cui vengono corrisposte somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale.  

Disposizioni  di  “chiusura”  nella  gestione  dei  flussi  migratori  riguardano necessariamente  il  tema  del  rimpatrio  di  coloro  che  non  possono  permanere  in  territorio nazionale,  obiettivo  per  il  quale  è  stato  necessario  rafforzare  gli  istituti  che  ne  possano assicurare una maggiore effettività.  

A tale ultimo scopo, è stato prolungato il tempo di trattenimento nei Centri di Permanenza  per  il  Rimpatrio  (fino  a  180  giorni)  disciplinando  altresì  le  modalità  per  il possibile utilizzo di strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica Sicurezza, anche presso gli uffici di frontiera.   

Presso i CPR potranno peraltro transitare i richiedenti asilo, per i quali non è stato possibile determinare l’identità e la cittadinanza, a seguito del precedente trattenimento presso i cosiddetti hotspot, fino a un massimo di trenta giorni (articolo 3 del provvedimento).

La  particolare  attenzione  riservata  con  la  legge  13  aprile  2017,  n.  46  al  tema dell’allontanamento di chi non ha titolo per permanere in territorio nazionale è alla base delle iniziative avviate per l’ampliamento in corso della rete dei CPR.  

Proprio per l’attivazione di nuove strutture, è stato autorizzato - per un periodo non superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento - il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, ferma restando l’esigenza di rivolgere l’invito ad almeno cinque operatori economici (articolo 2 comma 2).  

La disposizione in esame, unitamente al nuovo schema di capitolato di appalto trasmesso  alle  SS.LL.  con  separata  nota,  rappresentano  utili  strumenti di  supporto  per le SS.LL., agevolando nel contempo la messa in campo di una più efficace politica di rimpatrio.   

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....omissis...

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Martedì, 18 Dicembre 2018