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Decreto Legislativo n. 150 del 1 settembre 2011 (GU n. 220 del 21-9-2011 ) 2° parte - artt. dal 19 al 28

Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69

DECRETO LEGISLATIVO 1 settembre 2011 , n. 150

(GU n. 220 del 21-9-2011 )

aggiornato dal

"Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (GU n.214 del 15-9-2015)"

in vigore dal 30 settembre 2015

2° parte artt. 19-28

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 2011;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° settembre 2011;

Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa;

Emana

il seguente decreto legislativo:


Capo III

Delle controversie regolate dal rito sommario di cognizione

Art. 19

Delle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale

1. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti previsti dall'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale, in composizione monocratica, del capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che ha pronunciato il provvedimento impugnato.

Sull'impugnazione dei provvedimenti emessi dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo e' competente il tribunale, in composizione monocratica, del capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento di cui e' stata dichiarata la revoca o la cessazione. Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e' competente il tribunale, in composizione monocratica, che ha sede nel capoluogo di distretto di corte di appello in cui ha sede il centro ove il ricorrente e' accolto o trattenuto.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e puo' essere depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare  italiana. In tal caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorita' giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza e le comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la medesima rappresentanza. La procura speciale al difensore e' rilasciata altresi'  dinanzi all'autorita' consolare. Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, i termini previsti dal presente comma sono ridotti della meta'.

4. La proposizione del ricorso sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi in cui il ricorso viene proposto:

a) da parte di soggetto ospitato nei centri di accoglienza ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, o trattenuto ai sensi dell'articolo 21 del medesimo decreto legislativo, ovvero

b) avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria, ovvero

c) avverso il provvedimento adottato dalla Commissione territoriale nell'ipotesi prevista dall'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, ovvero

d) avverso il provvedimento adottato dalla Commissione territoriale che ha dichiarato l'istanza manifestamente infondata ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis), del citato decreto legislativo.

5. Nei casi previsti dal comma 4, lettere a), b), c) e d), l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5. Quando l'istanza di sospensione viene accolta, al ricorrente e' rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di asilo e ne viene disposta l'accoglienza ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25.

6. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati, a cura della cancelleria, all'interessato e al Ministero dell'interno, presso la  Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero.

7. Il Ministero dell'interno, limitatamente al giudizio di primo grado, puo' stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di un rappresentante designato dalla Commissione che ha adottato l'atto impugnato. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 417-bis, secondo comma, del codice di procedura civile.

8. La Commissione che ha adottato l'atto impugnato puo' depositare tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell'istruttoria e il giudice puo' procedere anche d'ufficio agli atti di istruzione necessari per la definizione della controversia. 

9. L'ordinanza che definisce il giudizio rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria ed e' comunicata alle parti a cura della cancelleria.

10. La controversia e' trattata in ogni grado in via di urgenza.

Note all'art. 19:

- Si riporta il testo degli articoli 20, 21, 22, 35 e 36 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25

(Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato), come modificato dal presente decreto legislativo:

«Art. 20 (Casi di accoglienza). - 1. Il richiedente non puo' essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda.

2. Il richiedente e' ospitato in un centro di accoglienza richiedenti asilo nei seguenti casi:

a) quando e' necessario verificare o determinare la sua nazionalita' o identita', ove lo stesso non sia in possesso dei documenti di viaggio o di identita', ovvero al suo arrivo nel territorio dello Stato abbia presentato documenti risultati falsi o contraffatti;

b) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo;

c) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare;

d).

3. Nel caso di cui al comma 2, lettera a), il richiedente e' ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario agli adempimenti ivi previsti e, in

ogni caso, per un periodo non superiore a venti giorni.

Negli altri casi il richiedente e' ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario all'esame della domanda innanzi alla commissione territoriale e, in ogni caso, per un periodo non superiore a trentacinque giorni. Allo scadere del periodo di accoglienza al richiedente e' rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo valido tre mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda.

4. La residenza nel centro non incide sull'esercizio delle garanzie inerenti alla sua domanda, ne' sulla sfera della sua vita privata, fatto salvo il rispetto delle regole di convivenza previste nel regolamento di cui al comma 5, che garantiscono comunque la facolta' di uscire dal centro nelle ore diurne. Il richiedente puo' chiedere al prefetto un permesso temporaneo di allontanamento dal centro per un periodo di tempo diverso o superiore a quello di uscita, per rilevanti motivi personali o per motivi attinenti all'esame della domanda, fatta salva la compatibilita' con i tempi della procedura per l'esame della domanda. Il provvedimento di diniego sulla richiesta di autorizzazione all'allontanamento e' motivato e comunicato all'interessato ai sensi  dell'articolo 10, comma 4.

5. Con il regolamento di cui all'articolo 38 sono fissate, le caratteristiche e le modalita' di gestione, anche in collaborazione con l'ente locale, dei centri  i accoglienza richiedenti asilo, che devono garantire al richiedente una ospitalita' che garantisca la dignita' della persona e l'unita' del nucleo familiare. Il regolamento tiene conto degli atti adottati dall'ACNUR, dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea. L'accesso alle strutture e' comunque consentito ai rappresentanti dell'ACNUR, agli avvocati ed agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno.

Art. 21 (Casi di trattenimento). - 1. E' disposto il trattenimento, nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, del richiedente:

a) che si trova nelle condizioni previste dall'articolo 1, paragrafo F, della Convenzione di Ginevra;

b) che e' stato condannato in Italia per uno dei delitti indicati dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti agli stupefacenti, alla liberta' sessuale, al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attivita' illecite;

c) che e' destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento.

2. Il provvedimento di trattenimento e' adottato dal questore con le modalita' di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Quando e' gia' in corso il trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l'espletamento della procedura di cui all'articolo 28.

3. L'accesso ai centri di identificazione ed espulsione e' comunque garantito ai rappresentanti dell'ACNUR, agli avvocati ed agli organismi di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore autorizzati dal Ministero dell'interno.

Art. 22 (Residenza nei casi di accoglienza e di trattenimento). - 1. L'accoglienza dei richiedenti di cui all'articolo 20, comma 2, e' subordinata all'effettiva permanenza nella struttura, salvo il trasferimento in altro centro che puo' essere disposto, per motivate ragioni, dalla prefettura-ufficio territoriale del Governo in cui ha sede la struttura che ospita il richiedente. L'indirizzo dei centri di cui agli articoli 20 e 21 e' comunicato dal questore alla Commissione territoriale e costituisce il luogo di residenza valevole agli effetti della notifica e delle comunicazioni degli atti relativi al  procedimento di esame della domanda di protezione internazionale. Al termine del periodo di accoglienza nei centri di cui all'articolo 20 o del periodo di trattenimento di cui all'articolo 21, e' fatto obbligo al richiedente di comunicare alla questura e alla competente Commissione territoriale il luogo di domicilio ai sensi e per gli effetti dell'articolo 11.

2. L'allontanamento del richiedente dal centro senza giustificato motivo fa cessare le condizioni di accoglienza e la Commissione territoriale decide la domanda sulla base della documentazione in suo possesso.».

«Art. 35 (Impugnazione). - 1. Avverso la decisione della Commissione territoriale e la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria e' ammesso ricorso dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria. Il ricorso e' ammesso anche nel caso in cui l'interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sia stato ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria.

2. Le controversie di cui al comma 1 sono disciplinate dall'articolo 19 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

commi 3- 14 abrogati.».

«Art. 36 (Accoglienza del ricorrente). - 1. Al  richiedente asilo che ha proposto il ricorso ai sensi dell'articolo 35, si applica l'articolo 11 del decreto

legislativo 30 maggio 2005, n. 140. 

2. Il richiedente di cui al comma 1 ospitato nei centri di cui all'articolo 20 rimane in accoglienza nelle medesime strutture con le modalita' stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.

3. Il richiedente trattenuto nei centri di cui all'articolo 21 che ha ottenuto la sospensione del provvedimento impugnato, ai sensi dell'articolo 35, comma 8, ha accoglienza nei centri di cui all'articolo 20 con le modalita' stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.".

- Per il testo dell'articolo 417-bis del codice di procedura civile, vedasi nelle note all'articolo 2.

Capo III

Delle controversie regolate dal rito sommario di cognizione

Art. 20


Dell'opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonche' agli altri provvedimenti dell'autorita' amministrativa in materia di diritto all'unita' familiare 

1. Le controversie previste dall'articolo 30, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 

2. E' competente il tribunale in composizione monocratica del luogo in cui il ricorrente ha la residenza.

3. L'ordinanza che accoglie il ricorso puo' disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta.

4. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa.

Note all'art. 20:

- Si riporta il testo del comma 6 dell'articolo 30 del citato decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dal presente decreto legislativo:

«Art. 30 (Permesso di soggiorno per motivi familiari).

commi 1 - 5 (omissis).

6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonche' contro gli altri provvedimenti dell'autorita' amministrativa in materia di diritto all'unita' familiare, l'interessato puo' proporre opposizione all'autorita' giudiziaria ordinaria. L'opposizione e' disciplinata dall'articolo 20 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.».

Capo III

Delle controversie regolate dal rito sommario di cognizione

Art. 28


Delle controversie in materia di discriminazione

1. Le controversie in materia di discriminazione di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'articolo 3 della legge 1° marzo  2006, n. 67, e quelle di cui all'articolo 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 

2. E' competente il tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio.

3. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente.

4. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si puo' presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. I dati di carattere statistico possono essere relativi anche alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata. 

5. Con l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice puo' condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica  amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Al fine di impedire la ripetizione della discriminazione, il giudice puo' ordinare di adottare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nei casi di comportamento discriminatorio di carattere collettivo, il piano e' adottato sentito l'ente collettivo ricorrente.

6. Ai fini della liquidazione del danno, il giudice tiene conto del fatto che l'atto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una  precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attivita' del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parita' di trattamento.

7. Quando accoglie la domanda proposta, il giudice puo' ordinare la pubblicazione del provvedimento, per una sola volta e a spese del convenuto, su un quotidiano di tiratura nazionale. Dell'ordinanza e' data comunicazione nei casi previsti dall'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dall'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n.  216, e dall'articolo 55-quinquies, comma 8, del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.

Note all'art. 28:

- Si riporta il testo dell'articolo 44 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dal presente decreto legislativo:

«Art. 44 (Azione civile contro la discriminazione).

(Legge 6 marzo 1988, n. 40, art. 42)

1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica o religiosi, e' possibile ricorrere all'autorita' giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione.

2. Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

Commi 3 - 7 (abrogati).

8. Chiunque elude l'esecuzione di provvedimenti, diversi dalla condanna al risarcimento del danno, resi dal giudice nelle controversie previste dal presente articolo e' punito ai sensi dell'articolo 388, primo comma, del codice penale.

9. (abrogato).

10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso puo' essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

11. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell'articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefici ai sensi  delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, e' immediatamente comunicato dal Pretore, secondo le modalita' previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni, o enti revocano il beneficio e, nei casi piu' gravi, dispongono l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.

12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.».

- Si riporta il testo dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 (Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parita' di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.), come modificato dal presente decreto legislativo:

«Art. 4 (Tutela giurisdizionale dei diritti). - 1. I giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.150. In caso di accertamento di atti o comportamenti discriminatori, come definiti dall'articolo 2 del presente decreto, si applica, altresi', l'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui all'articolo 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o, nell'ipotesi di rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche tramite le associazioni di cui all'articolo 5, comma 1.

commi 3 - 6 (abrogati).

7. Resta salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.».

- Si riporta il testo dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216 (Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parita' di trattamento in

materia di occupazione e di condizioni di lavoro), come modificato dal presente decreto legislativo:

«Art. 4 (Tutela giurisdizionale dei diritti). - 1.  all'articolo 15, comma 2, della legge 20 maggio 1970, n. 300, dopo la parola «sesso» sono aggiunte le seguenti: «, di handicap, di eta' o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali».

2. I giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. In caso di accertamento di atti o comportamenti discriminatori, come definiti dall'articolo 2 del presente decreto, si applica, altresi', l'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

3. Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui all'articolo 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o, nell'ipotesi di rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche tramite le rappresentanze locali di cui all'articolo 5.

commi 4 - 7 (abrogati).

8. Resta salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.».

- Si riporta il testo dell'articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n.67 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilita' vittime di discriminazioni):

«Art. 3 (Tutela giurisdizionale). - 1. I giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

commi 2 - 4 (abrogati).

- Si riporta il testo dell'articolo 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198 (Codice delle pari opportunita' tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), come modificato dal presente decreto legislativo:

«Art. 55-quinquies (Procedimento per la tutela contro le discriminazioni per ragioni di sesso nell'accesso a beni e servizi e loro fornitura). - 1. In caso di violazione dei divieti di cui all'articolo 55-ter, e' possibile ricorrere all'autorita' giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione.

2. Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

commi 3 - 7 (abrogati).

8. In caso di accertata violazione del divieto di cui all'articolo 55-ter, da parte di soggetti pubblici o privati ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, il giudice da' immediata comunicazione alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione dei benefici, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni o enti revocano i benefici e, nei casi piu' gravi, dispongono l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.

9. Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.».

DECRETO LEGISLATIVO 1 settembre 2011 , n. 150

prima parte

 

Giovedì, 1 Settembre 2011