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Ero straniero e mi avete ospitato

Storie di uomini e donne stranieri che vivono nel nostro territorio - È stato presentato ieri alla Sala del Carmine, l’incontro-evento che declina il tema dei Venti Ascensionali, l’identità, al rapporto con lo straniero, col migrante, attraverso il ricordo, la memoria, e con essa il presente. Sul palco della Sala si sono susseguite le storie anonime della scrittura, nate nel ventre dal laboratorio multiculturale attivato da Loretta Fuccello. Molto toccante la storia di Aida Khalil, a raccontarsi commossa e stupita dell’ascolto assorto e instancabile della Sala. “Ero straniero e mi avete ospitato”, la citazione è tratta dal Vangelo, afferma Loretta, e rimanda all’accoglienza, all’ospitalità, che è luogo entro cui conosco prima di tutto me stesso, come alterità. Sono io per primo, infatti, ad essere straniero a me stesso. L’accento è posto sul ricordo, sul rapporto con la comunità, sul valore del lavoro e sull’immagine stereotipata trasmessa dai mass media; sulle discriminazioni. È Cecilia Stopponi a prendere la parola, sottolineando il ruolo delle Istituzioni e del Territorio nei servizi di accoglienza, come lo Sportello per l’Immigrazione, il progetto della Consulta dei Migranti ed il Progetto Rifugiati. Gli anni ’70 sono stati caratterizzati da un forte confronto, una grande apertura, che stiamo gradualmente dissolvendo in un muro di paura, paura che lo straniero ci porti via i diritti, ignorando la segmentazione del mercato, fomentati da paure irrazionali, consolidate anche dalla connotazione negativa imposta dai mass media, afferma Cecilia Stopponi. Quando è un italiano a commettere un crimine, si parla di criminale generico, continua, mentre la nazionalità di un criminale straniero è tassativamente anteposta ai titoli ed alle dichiarazioni delle testate, come si trattasse di un discriminante essenziale di categoria prima ancora che di persone. Prezioso l’intervento sullo stesso tema di Alessandro Lardani, che ha ricordato la vicenda della medaglia d’oro al valore civile Dragan Cigan, morto per salvare due bambini italiani, al quale è stata negata la prestazione di soccorso da parte dei bagnanti. Alessandro Lardani lavora all’Ufficio Immigrazione come Mediatore Interculturale ed ha partecipato con la sua esperienza, portando in Sala numerosi ospiti a narrare la storia ed il vissuto connesso al rapporto con la comunità e con le Istituzioni, alla trafila burocratica per il riconoscimento, al vissuto della condizione della clandestinità. Sono storie di dolore, di rassegnazione, di lotta, ma anche di sfida, di ricordo, di scelta, di identità, di speranza e con esse la musica, voce universale che abbraccia poesie e intonazioni di pace e di solitudine, di pazienza, di vita.

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Lunedì, 29 Ottobre 2007 - atlantidemagazine.it


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