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Il rinnovo dei permessi di soggiorno va a rilento

Disoccupati per legge - Brescia gli industriali sospendono i lavoratori stranieri - Le prime lettere sono arrivate agli operai della Fonditel, azienda leader del settore metalmeccanico che produce caldaie e radiatori in alluminio nell'area industriale di Val Sabbia. Oltre cento gli addetti immigrati: senegalesi, marocchini, pachistani, bengalesi. Il loro contratto è stato sospeso in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, ma il timore è che "quella lettera si trasformi in un licenziamento", dice Ibrahima Diallo della Cgil. A Brescia il lavoro non manca: 140 mila gli stranieri, il 70 per cento impiegato nell'industria tessile, metalmeccanica, chimica e agroalimentare. Le agenzie interinali, che gestiscono oltre la metà dei contratti stagionali e a progetto, non faticano a collocare la manodopera. Soprattutto se straniera.
br> Ma la beffa è che questi operai sono condannati a diventare 'disoccupati per legge'. Quello della Fondital non è l'unico caso registrato nel bresciano. Altre lettere sono state spedite dalla Valsir, azienda del settore chimico e della gomma, e diversi casi si stanno registrando in decine di piccole e medie imprese artigiane con meno di 50 addetti.
br> La situazione è esplosiva. La Questura ha ricevuto, in meno di un anno, 15 mila domande di rinnovo, ma finora è riuscita a consegnare "solo 20 permessi di soggiorno elettronici" ed entro il 13 giugno ne sono previsti solo altri 600. "Di questo passo, ci vorranno mesi per smaltire le pratiche e migliaia di immigrati che vivono qui da tempo perderanno il lavoro", aggiunge Diallo.
br> Tutto nasce dall'effetto combinato di due 'cause perverse'. Da un lato, la lentezza del nuovo sistema introdotto dall'ex ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, che stipulò una convenzione triennale con Poste Italiane per il rilascio dei permessi di soggiorno che avrebbe dovuto eliminare le file alle Questure. Dall'altro, il mancato riconoscimento da parte di alcune Procure di una direttiva del ministro Giuliano Amato, di un anno fa, che sosteneva come valida, ai fini della conferma del rapporto di lavoro, la ricevuta della richiesta di rinnovo del permesso rilasciata da Poste Italiane. Ma purtroppo quella decisione è stata presa con una circolare ministeriale che, quindi, "non ha effetto di legge".
br> La presa di posizione delle Procure ha mandato in fibrillazione decine di datori che si sarebbero ritrovati in fabbrica dei lavoratori irregolari e sarebbero stati penalmente perseguibili come stabilisce, ancora oggi, la legge Bossi-Fini. Così è scattata la corsa alla sospensione.
br> C'è chi sostiene che, a Brescia, ad alimentare le paure dei datori di lavoro sia la Lega che è scesa in campo a difesa della Bossi-Fini. Ma in verità la provincia lombarda è solo la punta dell'iceberg di un'emergenza nazionale che coinvolge tutte le città, a partire da Genova, Torino e Prato. I dati del ministero dell'Interno, del resto, confermano le preoccupazioni espresse dai sindacati perché, a fronte di 570.361 domande presentate, sono stati rilasciati finora solo 35 mila permessi di soggiorno, di cui poco più di 9 mila elettronici. Una media di 280 pratiche al giorno in tutta Italia. Un fallimento a tutto tondo che ha portato comunque, nelle tasche di Poste Italiane, 17 milioni di euro.
br> E pensare che, tra marzo e maggio, le Poste e il Viminale hanno cercato di rimediare agli errori: è stata potenziata la rete degli uffici postali, è stato assunto personale a tempo nelle Questure, sono stati corretti i questionari per la domanda di rinnovo, è stata allargata la collaborazione con i Patronati nella fase di istruttoria della pratica. Ma il miracolo non c'è stato. La macchina amministrativa non funziona, i tempi del rilascio non si sono nemmeno dimezzati: da due a tre mesi l'attesa media mentre, per legge, basterebbero 20 giorni. E ci si mette anche il Poligrafico, cui è stata commissionata la stampa dei nuovi permessi: per stamparne 34 mila impiega 50 giorni. "La situazione è insostenibile: in alcune città, si danno appuntamenti per gennaio", denunciano i sindacati. La soluzione, come al solito, c'è. È semplice, ma deve intervenire il governo, trasformando la circolare Amato in un decreto legge. In caso contrario, quest'estate a esplodere non sarà il caldo, ma la rabbia dei lavoratori stranieri.
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Giovedì, 7 Giugno 2007 - espresso


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